16 gennaio 2015

Da "La conchiglia. I miei anni nelle prigioni siriane." di Mustafa Khalifa


    L'aiutante grida ai prigionieri con voce rauca: "Chi è ufficiale tra di voi? Gli ufficiali si facciano avanti".
    Due prigionieri avanzano verso di lui, un uomo di mezza età e un giovane.
    "Il tuo grado?"
    "Generale di brigata".
    "Generale di brigata?!"
    "Sì".
    "E tu?".
    "Tenente".
    "Mmh...".
    L'aiutante di campo si rivolge ai prigionieri alzando ancora la voce: "Se fra voi vi sono medici, ingegneri, avvocati, si facciano avanti".
    Più di dieci uomini avanzano verso di lui.
    "Mettetevi là".
    "Tutti i laureati escano dalle file".
    Oltre trenta uomini escono, me compreso. L'aiutante di campo si allontana. Al livello del canale di scolo, si ferma e grida ai poliziotti: "Mi si conduca il signor generale!".
    Una decina di poliziotti si avventa sul generale, che in un batter d'occhio si ritrova di fronte all'aiutante di campo. "Come sta, signor generale?"
    "Bene, ringraziando Iddio". Era l'unica a ringraziare per una simile disgrazia.
    "Allora, signor generale, non ha sete per caso?".
    "No, grazie."
    "Ma sì, deve bere qualcosa... Gli arabi sono noti per la generosità, abbiamo il dovere dell'ospitalità..."
    Per un attimo i due rimangono muti, in silenzio carico di sarcasmo, quindi l'aiutante di campo comincia a sbraitare: "Lo vedi il canale di scolo? Stenditi ventre a terra e bevi fino a placare la tua sete. Coraggio, cane rognoso!".
    "No! Non berrò".
    L'aiutante di campo sembra percorso da una scossa elettrica. Lo stupore gli strozza la voce. "Che cosa? Non vuoi bere?".
    L'aria allibita, si volta verso gli uomini della polizia militare: "Fatelo bere... Fatelo bere alla vostra maniera, cani. Fatemi vedere."
    Il generale è in mutande, scalzo. Una decina di poliziotti militari gli piomba addosso, colpendolo con i manganelli, le fruste ritorte, le cinghie di ventilatore dei carri armati... Lo assalgono da ogni parte. In principio, il generale tenta di resistere, menando colpi al primo che gli si para davanti, ma in tanti lo aggrediscono con schiaffi e pugni. Cerca con tutte le sue forze di afferrarne uno ma, mentre tende le braccia, gli altri lo picchiano ferocemente, accanendosi sempre più. Rigagnoli di sangue gli colano lungo il corpo. Le mutande sono a brandelli, l'elastico si spezza: il generale ora è completamente nudo. I glutei sono ancora più bianchi del resto del corpo, le righe di sangue spiccano più nitidamente che altrove. I testicoli oscillano a ogni colpo, a ogni movimento. D'un tratto, le mani cominciano a pendere lungo il corpo e a oscillare inerti. Sento una voce mormorare alle mie spalle: "Gli hanno spezzato le mani! Mio Dio! Solo contro tutti" E' pazzo, quel generale!".
    Non mi giro per vedere chi parli. Sono agghiacciato per quello che avviene davanti a me. Continuando a picchiarlo, i poliziotti cercano di atterrare il generale, ma quello si dibatte e gli scivola tra le mani, aiutato dal sangue che rende viscido il suo corpo. Arrivano i rinforzi. Ogni volta che riescono a piegarlo un po', lui si raddrizza convulsamente, sfuggendo ai pugni dei poliziotti. Ogni volta che si rialza, i colpi diventano più selvaggi...
    Vedo un grosso manganello sollevarsi alle spalle del generale e abbattersi su di lui con la rapidità di un lampo. Sento il rumore che produca fracassandogli il cranio. Un rumore che non somiglia a nessun altro. I poliziotti smettono di picchiarlo. Quello che impugna il manganello indietreggia di due passi, lo sguardo impietrito. Il generale si gira di tre quarti, come per vedere chi l'abbia colpito. Muove un passo, alza l'altra gamba... Quindi crolla come un sacco sull'asfalto.
    Il silenzio cala come una pagina bianca e liscia sul cortile numero 1. Ma l'aiutante di campo lo strappa con la sua voce tonante: "Coraggio, razza di somari, tiratelo su e fatelo bere!".
    I poliziotti militari trascinano il generale per terra. Uno di loro si rivolge all'aiutante di campo: "Sidi, è svenuto, come può bere?".
    "Ficcategli la testa nella fogna, questo lo farà rinvenire. Poi lo farete bere".
    I poliziotti immergono la testa del generale nell'acqua. Non rinviene. 
    "Sidi, si direbbe che abbia reso l'anima."
    "Dio non l'ha accolta di certo! Portatelo in mezzo al cortile e lasciatelo là".
    Lo afferrano per le mani, trascinandolo sulla schiena, la testa abbandonata sballottata qua e là. Il sangue sul suo viso è mischiato a una materia appiccicosa, bianca e nera. Sull'asfalto, linee di un rosso scuro si allungano dal canale di scolo al centro del cortile, dove il corpo del generale è stato steso.

da La Conchiglia, di Mustafa Khalifa, Castelvecchi Editore, pp. 37-39