Tra i vari titoli in commercio per il Liceo Scienze Umane questo è di gran lunga il peggiore. Stupisce come tanta ignoranza sia potuta venir condensata in così poche pagine.
Il panorama degli argomenti è molto ampio ma nessuno è veramente approfondito: troppo spesso ci si limita a fornire ricette da psicologia di senso comune e non mancano le citazioni di proverbi (p. 295).
Scarsi anche i riferimenti a ricerche sperimentali, per lo più superate (Guilford per l'intelligenza!). Per tutti i temi mancano agganci con la psicobiologia: cosa che sconcerta specie per le sezioni su emozioni, apprendimento e memoria.
Sempre sulle emozioni si segnala una certa ambiguità terminologica (si scambia "sentimento" con emozione appena tre righe dopo averli definiti come ben distinti) che non giova certo allo studente novizio che necessita di costruirsi un lessico psicologico preciso.
Inutilmente cervellotiche e confondenti anche le definizioni di motivazione, motivo, scopo, bisogno. Ridicolo poi ribattezzare la motivazione intrinseca come motivazione diretta. Ma si tratta probabilmente di una delle tante idiosincrasie degli autori.
Enfasi particolare viene data a ricerche di autori minori come Vester (capitolo Intelligenza) del tutto screditati da decenni di ricerche successive e, giustamente, ignorati anche nei programmi universitari delle materie psicopedagogiche.
Imbarazzante la menzione all'interpretazione psicanalitica del test della figura umana all'interno del capitolo sull'Intelligenza. Gli autori non potevano manifestare in modo migliore il loro sprezzo per gli alunni e insieme la loro ignoranza in fatto di epistemologia.
Comunicazione non verbale trattata come nei manuali da leggere sotto l'ombrellone (quelli tipo "io sono ok tu sei ok"): spazio dunque alle semplificazioni caricaturali dei significati nascosti delle varie posture del corpo. Menzione speciale (ma con la consueta vaghezza e fretta) per tale Abercombie, linguista irrilevante ma di cui evidentemente la premiata ditta D'Isa (padre e figlio eh! che teniamo famiglia) e Foschini ha letto qualcosa per la tesi di laurea ai tempi che furono. E dunque perchè non inserirlo?
Capitolo sul metodo di studio davvero raffazzonato e basato prevalentemente su un unico testo di Guido Petter. Gli autori insomma mostrano di essere fermi agli anni 80 e di non amare l'aggiornamento professionale, meno ancora la letteratura internazionale.
Colpisce infine l'assenza di riquadri biografici su autori importanti (neanche Bowlby). Presenti invece quizzetti a risposta multipla al termine di ogni capitolo.
Sintassi a volte affrettata e addirittura casi di periodi senza la principale; qualità di scrittura quindi nettamente inferiore al testo della Einaudi, già recensito negativamente.
Testo di utilità quindi nulla per qualunque docente responsabile. Dannoso per lo studente.
Il panorama degli argomenti è molto ampio ma nessuno è veramente approfondito: troppo spesso ci si limita a fornire ricette da psicologia di senso comune e non mancano le citazioni di proverbi (p. 295).
Scarsi anche i riferimenti a ricerche sperimentali, per lo più superate (Guilford per l'intelligenza!). Per tutti i temi mancano agganci con la psicobiologia: cosa che sconcerta specie per le sezioni su emozioni, apprendimento e memoria.
Sempre sulle emozioni si segnala una certa ambiguità terminologica (si scambia "sentimento" con emozione appena tre righe dopo averli definiti come ben distinti) che non giova certo allo studente novizio che necessita di costruirsi un lessico psicologico preciso.
Inutilmente cervellotiche e confondenti anche le definizioni di motivazione, motivo, scopo, bisogno. Ridicolo poi ribattezzare la motivazione intrinseca come motivazione diretta. Ma si tratta probabilmente di una delle tante idiosincrasie degli autori.
Enfasi particolare viene data a ricerche di autori minori come Vester (capitolo Intelligenza) del tutto screditati da decenni di ricerche successive e, giustamente, ignorati anche nei programmi universitari delle materie psicopedagogiche.
Imbarazzante la menzione all'interpretazione psicanalitica del test della figura umana all'interno del capitolo sull'Intelligenza. Gli autori non potevano manifestare in modo migliore il loro sprezzo per gli alunni e insieme la loro ignoranza in fatto di epistemologia.
Comunicazione non verbale trattata come nei manuali da leggere sotto l'ombrellone (quelli tipo "io sono ok tu sei ok"): spazio dunque alle semplificazioni caricaturali dei significati nascosti delle varie posture del corpo. Menzione speciale (ma con la consueta vaghezza e fretta) per tale Abercombie, linguista irrilevante ma di cui evidentemente la premiata ditta D'Isa (padre e figlio eh! che teniamo famiglia) e Foschini ha letto qualcosa per la tesi di laurea ai tempi che furono. E dunque perchè non inserirlo?
Capitolo sul metodo di studio davvero raffazzonato e basato prevalentemente su un unico testo di Guido Petter. Gli autori insomma mostrano di essere fermi agli anni 80 e di non amare l'aggiornamento professionale, meno ancora la letteratura internazionale.
Colpisce infine l'assenza di riquadri biografici su autori importanti (neanche Bowlby). Presenti invece quizzetti a risposta multipla al termine di ogni capitolo.
Sintassi a volte affrettata e addirittura casi di periodi senza la principale; qualità di scrittura quindi nettamente inferiore al testo della Einaudi, già recensito negativamente.
Testo di utilità quindi nulla per qualunque docente responsabile. Dannoso per lo studente.