Per secoli la società si è strutturata
attorno a un modello di vita contadina in cui il padre lavorava la terra, la
madre badava alla casa e ai numerosi figli. I quali giocavano tra loro insieme
e imparavano il mestiere di uno dei genitori a seconda che fossero maschi o
femmine. Prima dell’Unità d’Italia nemmeno la scuola
elementare era obbligatoria perché nessuno pensava che, all’interno di quello
stile di vita, leggere e scrivere potesse servire.
Nell’infanzia dei nostri genitori si verificarono
alcuni cambiamenti.
La trasmissione di padre in figlio del lavoro
agricolo non fu più così scontata. I nostri genitori, infatti, sono diventati
operai, artigiani o impiegati. I margini di scelta comunque erano ancora
limitati e le possibili alternative da percorrere ancora poche, almeno rispetto
ad oggi. Nella nostra infanzia e giovinezza, per noi che abbiamo ora tra i 30 e
i 50 anni le cose non sono molto cambiate rispetto al tempo in cui sono
cresciuti i nostri genitori.
Certo, abbiamo avuto la TV fin da piccoli e
già questa, in un certo senso fu una novità delle comunicazioni e dei media.
Poi, quando a Berlino un certo muro cadde qualcuno improvvisamente capì che il
mondo, che avevamo creduto diviso in buoni e cattivi, era in realtà un’unica
macchia grigia. Da allora i “valori” sono stati dei riferimenti un po’ meno
saldi, un po’ meno certi. E questi parliamo di “etica”.
Il fatto, però, è che i nostri genitori
avevano ancora idee abbastanza chiare circa la direzione a cui doveva portare
la nostra educazione. Applicavano un modello e uno stile educativo che avevano
imparato dai nostri nonni (i bisnonni dei nostri figli).
Ci parlavano con la stessa autorità e autorevolezza
anche se naturalmente il battipanni era stato sostituito da qualche più
misurato ed eccezionale ceffone.
Nella mente dei nostri genitori era chiara
l’idea del mondo che da grandi avremmo abitato, piuttosto simile al loro…
Ma è la nostra generazione che, prima da
bambini, e ora da adulti ha visto e sta vedendo i maggiori cambiamenti nei modi di
vivere, di consumare, di viaggiare, di comunicare, di amarsi e sposarsi, si
studiare e lavorare.
Chi immaginava che avremmo avuto tutti un
computer nelle nostre case? Chi si immaginava qualcosa come un “telefono
portatile” (un cellulare) negli anni 80? Chi immaginava i voli low-cost? E che dire di altri fenomeni che hanno
ribaltato il mondo in cui stavamo crescendo, come la globalizzazione, l’immigrazione,
la delocalizzazione delle “nostre” imprese? Che dire del precariato?
Sono avvenimenti che ci riguardano da
lontano, si potrebbe dire. Ma non si tratta soltanto di poter andare al mare a
Sharm El Sheik con gli stessi soldi che i nostri genitori spendevano per due
settimane a Lignano. Soprattutto la rivoluzione digitale infatti, sta
modificando il modo di comunicare di tutti. Non solo dei nostri figli. Non solo
dei nostri figli al cellulare; ma di tutti. Che siamo o no connessi, siamo
parte di un mutamento nello stile delle comunicazioni.