23 dicembre 2011

Psicologia animale - Apprendimento osservativo nel polipo


Soprattutto in Italia, dove un giornalismo scientifico e divulgativo è ancora quasi inesistente, la stampa riportava, durante i mondiali di calcio 2010, le gesta straordinarie di un polipo "veggente", in grado di pronosticare con successo i risultati di tutte le partite. Qualcuno se lo ricorderà, dato che quel simpatico mollusco è da poco spirato. Ebbene, questo è un polipo: quella cosa molliccia e strana che vediamo più spesso inerte sul banco-pesce al supermercato... Non nasce come cibo per homo sapiens: ha anche lui una sua esistenza indipendente prima di finire fatto a pezzi e bollito: è capace di nuotare, mangiare e... cosa non ovvia, guardarsi intorno con curiosità.


Negli animali sono stati studiati fino alla saturazione due tipi di apprendimento: l'imprinting dagli etologi e il condizionamento classico e operante dagli psicologi. Questi due (tre) fenomeni sono noti almeno dagli anni trenta del '900. In qualche modo, il fatto che per molti anni siano rimasti i soli esempi di intelligenza animale conosciuti ha finito per farci ritenere che noi umani abbiamo poco o niente in comune con gli animali. Se tale atteggiamento è funzionale ad esempio alla religione e alla gastronomia, non lo è per niente alla scienza: non alla biologia, non alla psicologia. Ma le cose sono cambiate.



Da questo video (risalente ai primi anni Novanta) impariamo che i polipi sanno fare molte cose intelligenti. Il primo polipo è stato addestrato a cercare il cibo introducendosi nella vaschetta. Per questo training non occorre niente di più di un condizionamento operante. Di solito questo si ottiene premiando (con cibo) l'animale quando produce comportamenti via via più vicini all'azione target. Ad esempio lo si premia se si avvicina alla vaschetta anzichè starne lontano. Poi lo si premia se la guarda per un tot di secondi senza andarsene via, poi lo si premia se la tocca, ecc.. Finchè si arriva ad avere un polipo che si infila immediatamente in ogni vaschetta di quella tal forma se dentro c'è un crostaceo (visibile).

Questo è un comportamento insegnato e appreso, perché in natura non ci sono vaschette di plastica trasparente. Inoltre, non è per niente ovvio che un animale riesca a capire come funziona un oggetto che non ha mai incontrato: le aperture attraverso cui entrare rendono l'oggetto abbastanza complicato. Perchè quello che si ottiene è un comportamento complesso guidato da un fine (mangiare) e dunque intelligente.

Il secondo polipo del video ha fatto una cosa diversa. Non è stato condizionato a fare niente. E' anzitutto incuriosito quando vede, nell'altra vasca, un suo simile. Cioè lo riconosce come con-speficio. Automaticamente dirige l'attenzione su di lui e prende a osservarlo attivamente e soprattutto osserva ciò che questo fa. Che altro? Come minimo si rende conto che il collega ottiene una conseguenza desiderabile tramite un'azione complessa e mai vista prima. Come minimo inoltre, dopo aver visto agire un suo simile, è in grado di trasferire la stessa azione su di sè, ossia imitarla.
Prima di questo caso, gli studi su questo tipo di apprendimento di nuovi comportamenti erano stati condotti con successo sui primati: ci è facile, ad esempio, avere in mente uno scimpanzè capace di osservare e poi riprodurre il comportamento di un compagno che sale su un albero X dove ci sono molte banane. In tanti documentari abbiamo visto quanto sono vispe e attente queste scimmie sociali.

Qualche studioso di psicologia animale ha voluto interpretare l'apprendimento osservativo del polipo riducendolo a un condizionamento osservativo: il polipo osservatore semplicemente risponderebbe in maniera naturale (incondizionata) al comportamento del primo polipo attuando in automatico la stessa condotta e poi, data la concomitanza dell'ottenimento del cibo, la risposta complessa di intrufolarsi nella vaschetta quando c'è del cibo, verrebbe ri-emessa con più frequenza.

Chiaramente gli autori dello studio (Graziano Fiorito e Pietro Scotto, che lavorano a Napoli come biologi) hanno proseguito con la fiducia nelle capacità cognitive dell'octopus vulgaris e ne hanno recentemente dimostrato la capacità di riconoscere gli individui singoli (cioè non solo il fatto di comportarsi diversamente e quindi discriminare tra con-specifici e altri animali), capacità che era stata già dimostrata nei primati, elefanti, cetacei (e pure nel famoso pappagallo Alex di cui parleremo in futuro). La loro interpretazione, dell'esperimento riferito qui, pare quindi sostenuta da un quadro di risultati assai complesso e difficilemente "smontabile" in sede accademica.


bibliografia:

M. Bisconti (2008), Le culture degli altri animali. Zanichelli
G. Vallortigara (2000), Altre menti. Il Mulino