18 luglio 2013

Discorso di commiato di Susan Rice del 25 giugno 2013 all'ONU

Il 25 giugno scorso Susan Rice si è dimessa dal suo posto di rappresentante (o ambasciatrice) del Governo americano all'ONU. Durante il suo discorso di addio (che si può vedere per intero qui: http://164.109.96.71/dev/webcast/watch/susan-rice-usa-farewell-statement-security-council-media-stakeout-25-june-2013/2506648097001) ha dedicato 40 secondi alla questione siriana. Con quello stile emotivamente coinvolto tipico dei membri dello staff di Obama ha ricordato, tra i momenti peggiori del suo mandato, il veto posto al Consiglio di Sicurezza dell'ONU da Russia e Cina a ben tre risoluzioni riguardanti la Siria che avrebbero potuto prevenire l'escalation della violenza che si è poi puntualmente verificata.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, la Rice ha ampiamente ricordato i successi dell'amministrazione Obama per la difesa dei diritti civili (evidentemente però considerando solo i cittadini americani...) in particolare per gay e lesbiche. La Rice non si è dimessa sbattendo la porta ma perché appena nominata da Obama Consigliere alla Sicurezza (National Security Advisor).


Susan Rice: "I remain acutely aware that the work and responsability of the Unite Nations is never finished. Conflict, abuse, atrocities, poverty and suffering persist in too many places. I particularly regret that the Security Council has failed to act decisively while more than 90.000 syrians have been killed and millions more displaced. The Council's inaction on Syria is a moral and strategic disgrace and History will judged harshly."

                 "Sono profondamente consapevole che il lavoro e la responsabilità delle Nationi Unite non è mai finito. Guerra, violenza, atrocità, povetà e sofferenza persistono in troppi luoghi. Soprattutto addolora che il Consiglio di Sicurezza abbia fallito nell'agire con fermezza mentre più di 90 mila siriani sono stati uccisi e altri milioni sono costretti a lasciare le loro città. L'inazione del Consiglio è una clamorosa vergogna morale e strategica e la Storia la giudicherà duramente."