Generalmente
chiamiamo paradossale ciò che è contraddittorio, assurdo o ciò che ci appare tale. La nostra percezione funziona per contrasto: notiamo un oggetto solo se è distinto dallo
sfondo (il numero a fianco in realtà non è tracciato, obiettivamente sono
presenti solo dei pallini…) e quanto più se ne differenzia tanto più la notiamo.
Il mimetismo animale funziona proprio con questo principio.
A scuola
Tiziano incrocia il preside nel corridoio e non lo saluta. Sdegno.
Dire che
qualcuno è maleducato implica necessariamente, a monte, l’esistenza di una norma
condivisa comune, data per scontata: che si deve salutare chi occupa una
posizione gerarchica più alta della nostra anche se non lo si conosce
personalmente. La maleducazione implica che esistano delle norme di educazione.
Il
comportamento di Tiziano è come il calice. Lo sfondo, sono le regole della
buona educazione. Vediamo il calice grazie al bianco dello sfondo. Ma anche
possiamo vedere che c’è uno sfondo, se ci focalizziamo sul nero del calice.
Il nostro giudicare contraddittoria o impossibile una certa cosa ci permette di notare, se cambiamo focus dell’attenzione, da che cosa è composta la trama uniforme dell’ordinario. E’ il gioco, ben conosciuto a tutti gli studenti di psicologia, della figura e dello sfondo.
Uno spazio
vuoto è un buco solo se attorno c’è un muro. I mattoni che lo compongono sono
le credenze, le idee, le conoscenze, i significati e le abitudini con cui
viviamo la nostra vita.
Quando
qualcosa di insolito ci colpisce, abbiamo la possibilità di capire qual è la
regolarità che non è stata rispettata; possiamo risalire dal contorno del buco
ai mattoni del muro, e possiamo capire che cos’è che ci fa considerare naturale
e logico ciò che è semplicemente convenzionale. E perché, troppo spesso, cioè
che è insolito finisce per essere sbrigativamente visto come insensato.