11 maggio 2012

Alleanze educative

Una relazione intima funziona bene quando entrambe le persone vogliono la stessa cosa: vogliamo sposarci, vogliamo una casa. Più semplicemente: vogliamo andare al parco e non al cinema.
E le migliori amiche di mia figlia, per ora, sono quelle con cui gioca a pallavolo. Succede non solo tra le persone ma anche tra gruppi. La competizione nello sport nasce proprio dal fatto che due squadre si mettono dentro un rettangolo di gioco a cercare di non far vincere l’altra squadra. Inter e Milan non potranno mai essere alleate in campo. Gli obiettivi dei due sono incompatibili e c’è quindi facilmente disaccordo. Quando il nostro obiettivo e quello dell’altro vanno nella stessa direzione invece, andare d’accordo è facile.
Quando gli interessi di entrambi includono anche quello di proseguire la relazione (un matrimonio, un’amicizia ma anche un rapporto di lavoro) nonostante qualche difetto o disaccordo, possiamo parlare di alleanza. 

Quando mangio degli spaghetti al ristorante so che, alla fine, dovrò pagare il prezzo che ho visto scritto nel menu al momento di ordinare. Allo stesso modo mi aspetto che il piatto che mi verrà portato sarà pieno e non mezzo vuoto. Non c’è bisogno di accordarsi ogni volta con il cuoco. Le regole sono implicite, sono ovvie. Se uno dei due fa il furbo (cioè, se non si attiene al copione del ristorante), qualcuno chiamerà i carabinieri. Di solito però, tutto fila liscio da ambo le parti e nessuno si sente derubato o imbrogliato. Nessuna sorpresa.
Quando i nostri figli piccoli girano intorno ai tavoli di questo stesso ristorante oppure schiamazzano appena si svegliano di sabato mattina alle 8… lo fanno perché non vedono quelle regole invisibili che a noi “grandi”, nella nostra esperienza, sono ovvie. Ed hanno ragione, dal loro punto di vista. Perché le regole sono proprio frutto di accordi, costruite e non date dall’alto. Sta a noi il problema di far vedere da dove vengono e a cosa servono.

E veniamo a una situazione di famiglia. L’obiettivo principale di mio figlio per questo pomeriggio è di giocare con la playstation. Il mio obiettivo di genitore è invece che lui faccia i compiti. Sembrano due obiettivi che cozzano uno con l’altro. Eppure un accordo è possibile anche in questo caso.  Si tratta di allargare il raggio degli interessi in gioco. Ad esempio, quanto alla playstation penso che sia utile che mio figlio di nove anni ci giochi per un tempo ragionevole (magari con sua sorella o con me), perché nel gioco si sviluppano l’attenzione, la strategia, la velocità, la coordinazione tra l’occhio e la mano. E anche mio figlio ci tiene a che io sia contento di lui quando arriva coi compiti fatti il giorno dopo. E’ sensibile quanto me a che la relazione tra noi sia positiva. Dunque anche per lui il fare i compiti ha una qualche importanza, come lo ha per me che lui giochi. Il peso delle opzioni è diverso, come lo sono le priorità mie e sue ma un margine per dialogare e inventare una soluzione, c’è.
L’alleanza va quindi cercata…

Per rimanere sul concreto e rimanendo agli affari “domestici” c’è da dire che il dialogo per costruire un’alleanza includerà sempre un a parte in cui si concordano (e non “mettono in chiaro”… che diventerebbe un parlare a, non un parlare con) anche le conseguenze del mancato rispetto delle promesse. Se i compiti non saranno pronti, staremo a vedere insieme che cosa questo comporta anziché levare la playstation per un mese.