26 febbraio 2012

Psicologia della Memoria

Le capacità della memoria umana si misurano con varie tecniche che sono state via via messe a punto nel corso degli ultimi 120 anni  circa: quando gli psicologi sperimentali sospettavano che esistesse un fenomeno o una componente della memoria non ancora descritti, studiavano un qualche nuovo test o compito per evidenziarli.

Troviamo così una prima differenza fondamentale, tra la nostra capacità di riconoscere qualcosa e quella di rievocare: nel momento in cui cerchiamo di ricordare la capitale della Bulgaria o il cognome del preside nella scuola di nostro figlio il cervello lavora per rimettere in circolo (o meglio, per portare dalla Memoria a Lungo Termine a quella a Breve Termine e quindi alla consapevolezza) un'informazione ben precisa.
Se un passante ci chiede dove si trova il municipio e gli indichiamo la strada, nella nostra mente dobbiamo invece rievocare il tragitto (i semafori, le rotatorie, dove girare, se c'è un supermercato, ecc) apparentemente in una modalità "visiva" interiore.
Un altro caso di esempio, sempre con informazioni visuo-spaziali, non prevede si arrivi a una "visualizzazione" mentale: se stiamo guidando e cerchiamo di ritrovare la svolta giusta a sinistra dopo il supermercato in cui siamo già stati una settimana fa, improvvisamente ci torna in mente che dobbiamo oltrepassare anche la fermata della corriera. Siamo riusciti a richiamare un dettaglio (la fermata della corriera), che all'inizio non era presente nella nostra Memoria a Breve Termine, senza fare alcuno sforzo intenzionale di riprodurre un'"immagine" di quel particolare scenario.  Si tratta, in tutti e tre i casi, di rievocazione.

Ci sembra logico, comunque, pensare che rievocare un'immagine sia abbastanza diverso dal rievocare una parola, una data, un'informazione discreta. La teoria del doppio codice di Allan Paivio, apparsa negli anni 60 diceva infatti proprio questo. Nei suoi esperimenti, le persone dovevano ricordare liste di parole (rievocazione) relative ad oggetti concreti (casa, autobus, pecora, lampada, ... ) oppure relative a idee astratte o comunque poco concrete (libertà, procedimento, relatività, livello, convinzione, etc...). I risultati dimostravano che era decisamente più facile ricordare nomi concreti che non nomi astratti. Ossia, in generale tutti i partecipanti avevano una prestazione molto migliore che non quando ricordavano l'insieme delle parole concrete che non quello delle parole astratte.

Questo dato è oggi un luogo comune per la psicologia generale, ma spiegarlo resta difficile. L'ipotesi di Paivio era che i nomi concreti evocassero naturalmente anche l'immagine ad essi associata e questo portasse le persone a conservare in memoria non solo una parola (stringa di suoni), non solo un concetto (che cosa è "cane", che cos'è una "bandiera", che cosa significa "denaro"), ma proprio un'immagine mentale corrispondente. Si aveva allora, secondo Paivio, una sorta di "doppia memorizzazione" o per meglio dire una memorizzazione che per i termini concreti, sfruttava sia la codifica verbale e concettuale (che in realtà Paivio considerava come una sola) sia quella visiva.

Una seconda considerazione riguardo alla memoria è che il riconoscimento è molto più facile della rievocazione: nel riconoscere un viso dobbiamo solo sapere se è nuovo o no. Nel rievocarlo invece dobbiamo richiamare tantissimi dettagli in più per ricostruire tutta la forma, ossia le relazioni spaziali (metriche e di posizione) corrette tra i vari elementi (quanto arcuate le sopracciglia, quanto grandi le orecchie, ecc..)
Una tipica prova di rievocazione visiva è quella della figura complessa di Rey. Dopo averla copiata in tutti i particolari, trascorsi circa 15 minuti, la si deve ridisegnare con quanti più particolari si ricordano. Il disegno è volutamente di un oggetto inesistente.

In un compito di riconoscimento invece, i dettagli sono tutti già forniti. Tra questi, ne bastano alcuni per farci dire che è proprio quello l'oggetto che conosciamo già.
Nel riconoscere qualcosa comunque ci sono anche elementi di difficoltà: supponiamo di dover ritrovare la macchina di un nostro amico in un parcheggio dopo averla vista solo una volta. E' molto facile confondere una Clio con una Twingo o una Punto con una Bravo: specie se non siamo esperti di automobili, e quindi se non riusciamo a imprimerci in mente alcuni particolari che distinguono la Punto dalla Bravo (es.: la dimensione generale), semplicemente ci confondiamo; oppure, una volta tornati al parcheggio, potremmo indicare il modello giusto di macchina, ma del colore sbagliato. Saremmo quindi soggetti a errori di interferenza o di inefficiente memorizzazione.

Un tipico compito di riconoscimento è quello mostrato qui: senza riguardare la foto sotto al titolo, quale di queste tre donne avete già visto? Una è quella giusta e due sono i cosiddetti distrattori (falsi indizi). 

Nel riconoscimento troviamo questi interessanti fenomeni: esiste un senso di familiarità quando, ad esempio, incontriamo una persona di cui non riusciamo a ricordare (remember) il nome ma che abbiamo l'impressione di aver già visto (know). In questo caso è interessante notare che non riusciamo nemmeno a ricordare in che situazione l'abbiamo conosciuta. Un'altra sensazione simile e strana  relativa però alla rievocazione si ha quando abbiamo un nome sulla punta della lingua (ci succede solo con le parole però, non con le le facce e le persone) che stiamo cercando di "ripescare" volontariamente: anche in quel caso "sappiamo di sapere" ma non ricordiamo completamente.

Tornando al riconoscimento, in che cosa consiste il ricordo (remember) vero e proprio? Notiamo un'altra cosa curiosa: nel caso sopra citato della sensazione di familiarità, nel momento in cui ci viene in mente dove abbiamo conosciuto la persona, facilmente ne rievochiamo subito anche il nome. Si tratta del fenomeno dell'apprendimento contestuale: una volta che abbiamo in mente il contesto (luogo) e la situazione (che cosa stavamo facendo in quel posto) in cui abbiamo appreso un'informazione questi fungono da indizi per il recupero di altre informazioni (il nome esatto della persona) che erano state in origine memorizzate durante lo stesso evento/episodio.
Quando riconosciamo veramente (remember) qualcuno, ad esempio ogni mattina la professoressa o il capo ufficio, l'immagine di quel viso ci fa venire alla mente tutte le informazioni che sono connesse a quella persona e che già conosciamo: il nome, il ruolo, alcune notizie biografiche, i sentimenti che ci legano a lei (non ci dobbiamo sforzare per far emergere l'antipatia che proviamo per un coinquilino, ad esempio), ecc.. Inoltre il riconoscimento è praticamente istantaneo.
Nelle patologie come la demenza di Alzehimer tutto questo insieme di informazioni non viene più evocato anche se l'occhio e il sistema visivo funzionano bene. Perdendo questo tipo di capacità di ricordare, l'individuo non sa più nulla del mondo e di sè.

Fonti:
A. Brandimonte (2004), Psicologia della Memoria. Carocci.
D. Smirni, Studi neuropsicologici nella Memoria di Riconscimento. Università di Trieste, tesi di dottorato non pubblicata. (www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/2683/1/Tesi%20dottorato%20Smirni%20archiviata.pdf)