17 febbraio 2012

La Mela è marcia



Quando Steve Jobs è morto lo hanno trattato da santo. Innovatore, genio, visionario, ecc.
Apple è un'azienda e l'obiettivo del suo mirabile padre fondatore, dei suoi CEO (come li chiamano anche qui...), dei suoi amministratori delegati e dei suoi manager non è rendere migliore il mondo, realizzare i sogni della gente e nemmeno rendere liberi quelli che liberi non sono. Quello che interessava al "Santo Subito" erano questi: $$$, ££££ e forse anche questi: €€€€€. Sì sì.
I fan di Apple si sono guardati bene dal leggere l'inchiesta del New York Times e  la traduzione su Internazionale del 3 febbraio. Perchè?

Le responsabilità di Apple nella vicenda emergono chiaramente.
La Mela più prestigiosa del mondo dispone della vita e della morte di ogni sua azienda fornitrice. Basta solo che scelga di appaltare una fase della produzione dei suoi iPad e iPod a un'altra impresa, concorrente della prima. I fornitori vivono del lavoro che fanno per Apple. La quale può facilmente imporre le proprie condizioni (a quanto vuol comprare un certo componente, quanto vuol pagare una certa fase della produzione, ecc..) senza nemmeno aver bisogno di contrattare con gli imprenditori stranieri che lavorano per lei. O così o ci troviamo qualcun altro, dicono.
Nell'inchiesta del New York Times si parla soprattutto della cinese Foxxcon di Shenzhen.

Shenzen è famosa già da anni come la megalopoli dove milioni di migranti interni arrivano per lavorare in condizioni durissime (fatica, pericoli, salario basso, ecc..). Le cose sono migliorate rispetto agli anni Duemila, periodo in cui fu girato il documentario Megalopolis e il più famoso China Blue.


Quando Apple non esercita pressioni sufficienti presso i suoi fornitori affinché questi si occupino di rendere più vivibili (meno mortali, si dovrebbe dire) le fabbriche, compie una precisa scelta. Non è che non sappia come vadano le cose negli stabilimenti Foxxcon. Questo aspetto è ben chiarito dall'inchiesta: le ispezioni da parte di Apple, presso i fornitori, ci sono. La Mela si astiene però dal fare pressione sui fornitori perché vuole candidamente continuare a fare affari con le stesse aziende, continuare a guadagnare miliardi di dollari spendendo poco niente per la fase dell'assemblaggio, e poco niente per manodopera. 


E la manodopera poco tutelata è quella che costa meno.

Ai tempi di NoLogo ci fu un'ondata di indignazione quando si seppe come venivano sfruttati gli operai della Nike in Indonesia. I consumatori stessi finirono per non poter ignorare che quando compravano delle scarpe alimentavano anche un'industria ingiusta e illegale (legale forse per le leggi volutamente lasche dei Paesi emergenti). Ma poi la Nike stessa fu costretta ad agire per ripulire la propria immagine e modificare la propria politica industriale di sfruttamento completamente de-regolamentato degli operai.

Con Apple questo movimento di opinione non sta nascendo. I fan di Jobs non hanno alcun interesse ad approfondire che cosa ci sia dietro l'attività della loro marca-idolo. Anche Nike era uno stile di vita (ricordate i voli di Micheal Jordan che ci piacevano tanto?), ma Apple è una religione. E i credenti sono, ovviamente, fedeli. Si sentono, a volte, partecipi di una comunità mondiale che vive al di fuori del Sistema (rappresentato da Microsoft). In quanto subcultura, propone un suo particolare lifestyle. Gli adepti hanno una vita brillante e molto social, sono smart e di coltivata intelligenza sociale. Se non "vi piace" la loro pagina Facebook, è perché solo non siete abbastanza cool per capire quanto è meravigliosa la Apple Society. Certamente, queste creature del post-moderno, non dormono la notte pensando all'operaio cinese che passa le giornate  lucidando gli schermi degli iPad...
Parte della loro identità è ricalcata su quella del loro guru morto di cancro. I fan della Nike diventarono più critici (o semplicemente la forza dell'emozione venduta con le scarpette Air si affievolì). Ma i fondamentalisti del Mac difficilmente molleranno il loro feticcio, tutte le apps e gli ammiccamenti con cui costruiscono la loro vita.
Produttore e compratori di iPhone, nella loro beata fusione spirituale, condividono però le stesse responsabilità nell'affare Foxxcon.