17 giugno 2012

E adesso?



La decisione di sospendere la missione di osservazione, presa dal Gen. Robert Mood, poteva forse essere interpretata come una critica all'atteggiamento di Assad che ha ignorato le proposte del piano di pace Annan. In realtà invece, la dichiarazione fatta da Mood giustifica perfettamente tutto il disappunto degli attivisti siriani e alimenta anche la preoccupazione che, da ora, potrebbe non esserci più neanche quella piccolissima garanzia che questa fragile missione di "testimoni oculari" poteva, in qualche modo, rappresentare.

Da una parte la necessità di proteggere i propri uomini, tipica di ogni comandante. Dall'altra però, il ritirarsi da una zona pericolosa, da parte dei militari ONU (in questo caso comunque "osservatori" e non "peace-keepers"), ricorda certe scelte di disimpegno adottate già in altre occasioni dagli organismi sovranazionali. 
Per non morire sotto i bombardamenti si deciderà forse il ritiro completo della missione (la quale comunque ora ha perso il suo significato originario)?
Il problema in questo caso è a monte, ossia l'appoggio incondizionato fornito ad Assad in sede ONU dalla Russia:   questa volta non è stato possibile nemmeno inviare personale armato (contrariamente al Rwanda nel 1994) e la missione non ha avuto l'obiettivo ufficiale di proteggere nessuno.
Si ha l'impressione però di trovarsi di fronte a un fallimento dei caschi blu: anche stavolta la popolazione finirebbe per essere lasciata al suo destino evidente di morte. Ricorre un parallelo con Srebrenica: a quel tempo si decise di di essere morbidi con Mladic anche perché i soldati ONU olandesi erano, a loro volta, minacciati. E oggi si sospende la missione perché gli osservatori, chiaramente, non vogliono morire.

Quello che non convince assolutamente però, è l'affermazione di Mood secondo cui entrambe le parti hanno mancato della volontà di pace. Si rischia anche in questo caso di perpetuare l'equivoco di comodo (ancora ritorna la similitudine con la Bosnia) per cui entrambe le parti sono giudicate come ugualmente corresponsabili. Tra 20 anni Assad sarà forse processato all'Aja e ci sarà ancora un Segretario Generale dell'ONU che si rammaricherà (come Annan rispetto alla Bosnia) che la situazione, a suo tempo, (cioè oggi) non fosse stata "capita del tutto".