7 dicembre 2013

Seneca, sul suicidio - Lettera LXX, dalle Lettere a Lucilio (I sec. d.C.)


La vita, come sai, non sempre merita di essere conservata. Non è un bene vivere, ma vivere bene.

Perciò il sapiente vivrà quanto tempo deve vivere, non quanto può. Vedrà lui dove dovrà vivere, con chi, in  che modo e facendo che cosa. Egli pensa sempre quale sarà la vita, non quanto essa debba durare. Se gli occorrono molte disgrazie e questioni che turbano la sua serenità, egli se ne va; e non solo nell'estrema necessità ma appena la fortuna comincia a sembrargli sospetta, considera con cura se non sia il momento di por fine alla vita.
Giudica di nessuna importanza il darsi la morte o riceverla, morire prima o morire dopo [...]

E considero anche molto vili le parole di quel tale [...] che, richiuso in una gabbia per ordine di un tiranno e nutrito come una bestia, a chi gli consigliava di rifiutare il cibo, rispose "finché c'è vita c'è speranza". Anche se questo fosse vero, non bisogna comprarsi la vita a qualsiasi prezzo [...] Dovrei pensare che tutto la fortuna può in chi è in vita anziché pensare che nulla essa può in chi sa morire? 

La legge eterna non ha fatto niente di meglio di questo: ci ha dato un solo modo per entrare nella vita ma molte possibilità di uscirne. Dovrei aspettare la crudeltà di una malattia o di un uomo quando posso andarmene sfuggendo ai tormenti e alle avversità?

Questo è l'unico motivo per cui non possiamo lagnarci della vita: essa non trattiene nessuno. Le cose umane sono così ordinate che nessuno è infelice se non per colpa sua: ti piace la vita? vivi. Non ti piace? puoi tornare da dove sei venuto [...]
Nessuno di noi pensa che, prima o poi, deve abbandonare questo domicilio: siamo come vecchi inquilini, trattenuti dall'affetto del luogo familiare e dalla forza dell'abitudine. 

Non credere che solo i grandi uomini abbiano avuto la forza di spezzare le catene dell'umana servitù
[...] Uomini di umilissima origine, con grande slancio, si sono liberati dalla schiavitù del corpo e quando non gli fu possibile di morire a loro agio, né di scegliere gli strumenti per la loro morte, hanno preso tutto quello che gli è capitato sotto le mani e, usando con violenza oggetti inoffensivi, li hanno fatti delle armi. Recentemente, durante i combattimenti fra gladiatori e bestie feroci, un Germano, mentre si preparava agli spettacoli del mattino, si ritirò nella latrina, unico luogo in cui appartarsi senza scorta. Lì, si impadronì del pezzo di legno a cui è attaccata la spugna per la pulizia, se lo ficcò in gola e spirò per soffocamento [...] Oh uomo forte! Come meritava di poter disporre del suo destino! [...] Privo di ogni mezzo, trovò l'arma per darsi la morte, perché sappiamo che, quando si tratta di morire, nulla può trattenerci se non la volontà.

Lettera LXX da: Seneca, Lettere a Lucilio, BUR Rizzoli.